Lei è Viviana, 2 biglietti aerei cancellati, un viaggio in treno di 20 ore per raggiungere la sua famiglia, esclusa dal piano vaccinale nazionale e se risultasse in contatto stretto con un soggetto positivo non saprebbe dove fare il tampone. Molti crederanno che Viviana non è una cittadina italiana ma in realtà è semplicemente una docente con titolarità fuori la propria provincia di residenza, i cosiddetti "docenti Immobilizzati", che vivono sulla loro pelle le umiliazioni di uno status privilegiato: essere assunti a tempo indeterminato fuori la propria provincia di residenza. Come lei, vivono disagi di questo genere da anni, altri migliaia di professori e le loro famiglie. Il numero dei fuorisede che ogni anno fanno richiesta di rientro nelle loro province ricopre ormai il 13% del personale assunto, un numero che tenderebbe a salire se si contassero anche i professori che rientrano nei vincoli di permanenza territoriale degli ultimi anni. Una situazione, quella del docente immobilizzato, che acuisce le sue criticità in questo momento storico di forte crisi sociale e sanitaria. Docenti, per lo più donne, come Viviana, che pur di abbinare responsabilmente la vita lavorativa e l’accudimento dei figli porta con sé il figlio più piccolo con l’amara esperienza di dover lasciare la figlia maggiore a 1500 km di distanza. Adolescenti, bambini che per poter rivedere la loro madre aspettano il loro rientro a casa dopo settimane o mesi come nel caso di Viviana dove è oggettivamente impensabile perseguire trasferte settimanali verso la Sicilia. Così che queste donne, "immobilizzate" dai sentimenti, dai km da percorrere e da aliquote che non permettono loro di rientrare definitivamente nei loro territori di origine, devono maturare una scelta: la scelta disumana che una madre è costretta a fare tra due figli per poter seguire nella crescita almeno uno dei due, il più piccolo.